Il culto del Bitcoin: come l’ignoranza diventa fenomeno

Disclaimer: questo articolo non è un consiglio finanziario e non va interpretato come tale. Personalmente non ho alcuna posizione diretta o indiretta né sul bitcoin né su qualunque altra crypto.

Introduzione

Nel corso dell’ultimo anno, varie volte sono stato tentato a scrivere un articolo riguardante il fenomeno delle crypto, ma mi sono sempre trattenuto fondamentalmente per una sola ragione: quando parli di religione e sei controcorrente rispetto alla visione dei fedeli, ti attiri il loro odio e la loro rabbia. Tutto sommato è stata una buonissima scelta aspettare a scrivere quest’articolo, perché da agosto 2020 ad ora sono successe talmente tante cose rilevanti all’interno del mondo crypto, che elementi per la stesura di un articolo certo non me ne mancano più.

Fondamenti e ignoranza

Cos’è il bitcoin? Il bitcoin nasce da un gruppo di programmatori liberali che sognavano, sfruttando la blockchain come struttura di base, di creare una nuova moneta digitale decentralizzata, per favorire i pagamenti digitali tra individui senza necessitare la presenza e l’intervento di un’autorità centrale. Il bitcoin nasce quindi come risposta alla mancanza di un equivalente digitale del contante, essenziale affinché sia possibile effettuare transazioni digitali realmente private.

O almeno, questa era l’idea iniziale: infatti, nel momento stesso in cui l’interesse verso questo asset finanziario ha iniziato ad aumentare, abbiamo assistito ad un cambio radicale di narrativa, passando dal “bitcoin come moneta” al “bitcoin come riserva di valore”. Tutt’ora i fedeli alternano tra le due definizioni sulla base del sentimento generale del mercato, attribuendo al bitcoin l’etichetta di moneta quando il sentimento è ribassista e di riserva di valore quando il sentimento è rialzista. Talvolta qualche nuovo arrivato confuso lo definisce attribuendogli entrambi i valori contemporaneamente, senza però rendersi conto dell’assurdità dell’affermazione. Ma anche i motivi dietro all’interesse sono radicalmente cambiati. Laddove, infatti, inizialmente vi erano la fuga dagli occhi governativi e la libertà d’espressione, ora vi arieggia solamente un semplice quanto disperato desiderio di diventare ricchi, senza però dover lavorare o impegnarsi.

Bolla o investimento?

In finanza, una bolla la si distingue da un’opportunità analizzando i fondamentali del sottostante e valutando se questi giustifichino o meno il suo prezzo. Per gli asset finanziari tradizionali, questo processo è piuttosto semplice: in linea generale e semplificando parecchio, un’azienda è valutata secondo la sua capacità di produrre ricchezza e una moneta è valutata secondo la crescita e la stabilità delle nazioni che vi stanno dietro. Nella valutazione del bitcoin, però, vi è un problema fondamentale: come lo valutiamo? Se lo valutiamo dal punto di vista della tecnologia utilizzata, credo che qualunque informatico possa facilmente concordare sul fatto che la blockchain non è niente meno che un database estremamente lento e inefficiente, ed è esattamente il motivo per cui il mondo informatico è passato ai database relazionali. Se lo valutiamo dal punto di vista della moneta, invece, noteremo che a) è troppo volatile per essere utilizzata, senza rischiare enormi costi opportunità e b) i tempi di transazione e le relative commissioni sono estremamente svantaggiose se paragonate ad un qualsiasi altro metodo di pagamento digitale disponibile. Se lo consideriamo invece come riserva di valore, le frequenti oscillazioni a doppia cifra rendono evidente che non lo sia. In mancanza di fondamentali, ed è evidentemente questo il caso, il prezzo è giustificato solo dall’aspettativa futura o, in altri termini, dalla speculazione, rendendo a tutti gli effetti il bitcoin una bolla.

Gioco a somma negativa

Come se non bastasse, il mondo crypto è un gioco a somma negativa: affinché il sistema si regga in piedi con tutte le “sicurezze” progettate all’interno del codice, è necessario che i miner vengano pagati per il loro lavoro di manutenzione, votazione e sostegno dello stesso. Il problema è che i miner vengono pagati in crypto e le spese fisse (come ad esempio le bollette dell’elettricità, particolarmente salate nel loro caso) vanno pagate in moneta fiat, pertanto, affinché il sistema non imploda, una certa quantità di denaro vero deve costantemente fuoriuscire verso l’economia reale. Ciò significa, tra l’altro, che per mantenere il prezzo del bitcoin stabile, la quantità di denaro vero che entra all’interno del sistema non deve solo pareggiare la quantità che ve ne esce, ma deve anche poter pagare i miner per il loro lavoro.

Il concetto è un po’ complesso, e sicuramente fare un esempio numerico può aiutare a comprendere la situazione. Ad oggi, ad ogni blocco minato vi è una ricompensa di 6.25 bitcoin, viene minato un blocco ogni 10 minuti, il che significa che ogni giorno complessivamente i miner sono pagati 6.25x6x24=900 bitcoin. Al prezzo di poco più di un mese fa, il 14 aprile 2021, quando il bitcoin era quotato a 64,895.22$, solo il pagamento ai miner veniva a costare al sistema, ogni giorno, 64,895.22×900=58,405,698.00$. Ovviamente il costo monetario di mantenimento del prezzo del bitcoin a quel livello è molto più alto, in quanto per ogni compratore deve esserci un venditore, e ovviamente deve esserci una liquidità tale per cui tale transazione non influenzi positivamente o negativamente il prezzo di mercato.

Liquidità

Proprio perché è necessario che ogni giorno entri una quantità di denaro vero tale da poter pagare i miner, tutta una serie di influencer e personaggi poco interessanti ha iniziato a pubblicizzare intensamente il bitcoin e, in generale, le crypto, così da convincere nuove persone a comprare e cavalcare l’onda del successo. Un po’ come il più banale degli schemi Ponzi, affinché sia possibile per l’individuo di trarre profitto, è necessario che ci sia almeno un’altra persona disposta a comprare il bitcoin ad un prezzo più alto di quanto lui l’abbia pagato, che a sua volta cercherà qualcuno a cui poter vendere. Il gioco va avanti così, fintanto che ad un certo punto finiscono le persone a cui poter vendere e tutta la piramide crolla. Nella finanza uno schema di questo genere è illegale, ma le crypto non lo sanno ancora.

Per risolvere questo problema, sono state utilizzate le così dette “stablecoins” (monete stabili), che come il nome fa intuire mantengono in modo stabile il valore a 1$. Ovviamente, poiché solo la FED ha l’autorità di poter stampar moneta, le organizzazioni che si occupano di minare queste stablecoin dovrebbero avere nelle proprie riserve un dollaro per ogni token in circolazione. Per esempio Tether, azienda che si occupa della gestione della stablecoin USDT, dovrebbe avere per ogni USDT coniato un dollaro nelle proprie riserve aziendali. Inizialmente, forse, era così, poi le cose sono un po’ cambiate. Solo da marzo 2020 a giugno 2021, sono stati immessi in circolazione 57,097,717,311 USDT (link), pari al 1,229.31% di crescita totale o 35.54% di tasso composto di crescita mensile. Ora, se Tether avesse davvero rispettato il vincolo di riserve in dollari, sarebbe una delle aziende più di successo al mondo: 57 miliardi di profitto lordo senza avere un prodotto. Il punto è che non ha rispettato quel vincolo, e ce lo ha detto essa stessa pubblicando la distribuzione delle riserve monetarie aziendali (link) e confermando che la stragrande maggioranza di queste consistono in collaterali. Chiunque può acquistare crypto direttamente a partire da moneta fiat, senza passare per Tether: chi è che richiede così tanti USDT da obbligare l’azienda ad aumentare di così tanto la quantità di USDT circolanti? Proprio in questa domanda risiede la soluzione alla liquidità nel mondo crypto.

Se ancora non è chiaro il perché questa azienda sia la più straordinaria frode mai creata dall’uomo, ancora una volta, facciamo un esempio. Tether riceve un bonifico di 100$ e immette in circolazione 100 USDT, che vengono usati per compare bitcoin. Ciò aumenta la pressione d’acquisto sul bitcoin, e il suo prezzo sale: vendiamo il bitcoin per USDT e convertiamo gli USDT in dollari portandoci un piccolo profitto a casa. Normale. Ma mettiamo caso invece che Tether immetta in circolazione 100 USDT, che vengono usati per comprare bitcoin, senza ricevere alcun bonifico. L’effetto risultante è ovviamente lo stesso, cioè aumenta la pressione d’acquisto sul bitcoin e il suo prezzo sale: vendiamo il bitcoin per USDT e convertiamo gli USDT in dollari portandoci un piccolo profitto a casa. A differenza della situazione precedente, però, questo profitto è stato creato dal nulla, in quanto non sono stati fatti entrare soldi nel sistema prima di tirarne fuori. Se ripetiamo questo giochino abbastanza a lungo, possiamo alzare artificialmente il prezzo del bitcoin potenzialmente all’infinito, o per lo meno fino a quando qualcuno non si accorge della frode. Ed è proprio ciò che è successo: il grafico qui sotto mette in relazione i movimenti del valore del bitcoin in relazione con la capitalizzazione di mercato di USDT (capitalizzazione che, essendo sempre 1 USDT = 1$, ne esprime la quantità).

Inoltre, l’incremento artificiale del prezzo tramite inserimento di finta liquidità pone sul tavolo un altro problema particolarmente importante: essendoci poco denaro vero nel mondo crypto, questo è sostanzialmente illiquido e nel momento stesso in cui qualcuno prova a realizzare i propri profitti, il prezzo crolla.

Conclusioni

Il bitcoin, e le crypto in generale, sono forse la più grande frode mai realizzata dall’umanità: un enorme schema piramidale, al di sopra di qualsiasi legge e governo, dove lo strumento finanziario (o il team di sviluppo) viene idolatrato, e qualunque individuo si dimostri scettico subisce subito l’ostracizzazione. Un’enorme spreco di risorse, (link) che va a inquinare il pianeta per la gioia di qualche pover’uomo di vedere il numero sul computer salire, facendogli credere di essere diventato ricco.

In una normale situazione, questa cellula cancerogena della finanza sarebbe già stata sconfitta; purtroppo, però, tre fattori hanno impedito e stanno tutt’ora impedendo a questa inefficienza di correggersi. Innanzitutto, questo è un territorio nuovo e la politica, ancora una volta, non è riuscita a rimanere al passo dei tempi, lasciando un vuoto legislativo enorme: questo fattore, da solo, ha fatto sì che truffe, ransomware e criminalità trovassero nelle crypto il terreno più fertile. In secondo luogo, le recenti crisi finanziarie, compresa quella provocata dalle restrizioni per il covid, unite al fatto che le nuove generazioni si ritrovano sostanzialmente prive di possibilità, ha provocato nella popolazione una maggiore tolleranza del rischio che, spesso e volentieri, si trasforma in ludopatia. Finanziariamente parlando, ciò si traduce nella volontà di fare “il grande colpo” per poi vivere di rendita: ovviamente questo fattore non riguarda solo il mercato delle crypto, che comunque con la loro volatilità certo sono accoglienti, ma anche il mercato azionario tradizionale (basti pensare a r/wallstreetbets). Infine, il cittadino medio non ha idea di come funziona l’economia e forte della sua posizione nel grafico Dunning-Kruger, non si fa problemi ad atteggiarsi come se così non fosse. Forse quest’ultimo fattore è il vero motivo per cui questa mania è riuscita a nascere.