L’autorità si espande, a differenza del buonsenso

Sono passati ormai quasi due anni interi da quando la nostra quotidianità è stata sconvolta, e come una bellissima opera teatrale di cui tutti i partecipanti sono attori provetti, la nostra tranquillità interiore è stata persa insieme alla normalità. I media, con i loro numeri giornalieri, con le loro notizie dell’ultimo momento e con la loro incessante necessità di cavalcare l’onda dell’attenzione, hanno invocato alternativamente il terrore, l’odio, la tristezza, la rabbia e il senso di colpa. I governanti, intenti a scrivere ogni giorno nuove missive, comunicati e regole, hanno contribuito all’opera alimentando la confusione, la demoralizzazione e il senso di impotenza. Le forze dell’ordine, combattendo gli innocenti e mostrando le spalle ai criminali, hanno ucciso la forza vitale anche dei più ribelli, facendoli rassegnare all’obbedienza di un potere troppo grande e complesso per poter essere combattuto efficacemente. I giornalisti e, in generale, chiunque avesse il potere di creare terremoti attraverso le proprie parole, o è stato censurato, o ha dovuto silenziare la propria innata volontà. A coloro i quali è concesso vedere i colori nella loro vera natura, niente sembra essere rimasto se non un terreno appagamento dall’essere in tale condizione.

Il popolo è stato diviso, come in due grandi fazioni impossibili da conciliare, tra chi ha aderito alla narrazione senza interrogarsi sull’architettura circostante, e chi invece l’ha fatto, facendosi escludere dalla società. Quando ho parlato per la prima volta del passaporto vaccinale, il così chiamato “green pass”, era luglio (link), e già affermavo di quanto fosse pericoloso prendere quella strada, in quanto avere come precedente la facoltà governativa di escludere arbitrariamente una o l’altra parte della società in qualunque momento con la facilità di un click è un suicidio ipotizzato neanche nei peggiori romanzi distopici. Eppure, alla fine ci siamo arrivati comunque. Prima è stato il certificato come semplice certificato, poi è diventato il lasciapassare per andare a mangiare al chiuso, poi è diventato il lasciapassare per lavorare. Si è passati da essere sani fino a prova contraria, a dover dimostrare di essere sani, almeno secondo i criteri costantemente in cambiamento, per poter partecipare alle più semplici attività. E intanto l’odio veniva fatto crescere: i non vaccinati sono assolutamente il problema, bisogna essere più cattivi. Le proteste crescono, diventano sempre più grandi e sempre più frequenti, sempre più persone vi si uniscono. Le forze dell’ordine, anche se tale nome sembra un ossimoro dato il loro comportamento, reagiscono altrettanto veementemente, reprimendo tali proteste a suon di lacrimogeni e manganellate, a prescindere che davanti a loro ci fossero pugili allenati o bambini indifesi: loro sono i buoni, i manifestanti sono i cattivi, i cattivi vanno puniti. Ad ogni colpo ricevuto, una persona nuova si univa alla protesta. Ad ogni anima lacrimante, un’altra arrivava a prestare aiuto. I media mantengono il silenzio, tentano di eliminare le proteste correlando a queste un fantomatico aumento dei contagi, dimenticandosi però di alterare le loro stesse statistiche. Ma non funziona, e protestare diventa illegale. Curiosamente, pochi sembrano accorgersi dell’ironia di avere una democrazia liberale che ignora i cittadini, impedendo loro di esprimersi e reprimendo le idee sbagliate. “Pensala come vuoi ma pensala come noi”, dicevano dei manifesti affissi in tutta Italia da un gruppo di anarchici qualche anno fa: visionari. Ma sembra andare tutto bene. Chi è favorevole, neanche si accorge di tutti questi problemi: giornali, telegiornali e fonti di notizie “ufficiali” si comportano come se non fosse successo assolutamente nulla di rilevante, le proteste sono un complotto orchestrato per diffondere esitazione nei confronti del siero magico e delle soluzioni draconiane. Gli altri continuano a vedere, ad organizzarsi, a creare società parallele. In tutti i regimi i due problemi fondamentali per la resistenza sono stati l’informazione e l’organizzazione: la prima perché controllata dal regime stesso, la seconda perché perseguita e pericolosa. Internet libero, fortunatamente, ha reso entrambi questi problemi irrilevanti.

Il popolo è ancora più diviso, invoca nuove misure per salvaguardare il Natale, non vogliono dover rischiare di condividere la gioia con quei dissidenti disumani. Nasce una nuova forma di lasciapassare, le cui condizioni sono più stringenti rispetto al precedente, che velocemente viene reso obbligatorio per fare la più banale delle cose. Siamo ora ad inizio gennaio e senza lasciapassare, le uniche cose rimaste da poter fare sono stare a casa, camminare o muoversi su mezzi propri, entrare in ospedale, in farmacia e in supermercato. Che poi, in realtà, andare in ospedale lo si può fare solo se da soli, perché le ambulanze trovano sempre una moltitudine di traffico quando la persona da soccorrere non appartiene alla fazione giusta. Con il lasciapassare originale, ottenibile con tampone per dimostrare la propria salute o con qualsiasi numero di dosi di siero inferiore a quello voluto dal governo, numero che cambia molto in fretta e con un’arbitrarietà inaudita, invece si può accedere ai servizi essenziali, ai servizi alla persona (parrucchiere, banca, poste, ufficio pubblico, etc), ai bar all’aperto, alle università e su alcuni luoghi di lavoro. Con il lasciapassare rafforzato puoi fare tutto, ma solo a patto che tu rimanga costantemente in regola con il numero di dosi volute dal governo, anche qualora quest’ultimo le cambiasse ad un valore superiore la soglia di salute. Purtroppo, però, neanche la totale obbedienza a cui uno deve prostrarsi per ottenere quest’ultimo lasciapassare lo esime dall’arbitrarietà con cui cambiano le restrizioni sui movimenti, sulle attività, sulla vita in generale. E, in ogni caso, il tuo lasciapassare può scadere, o può venir fatto scadere qualora si pensasse fosse stato ottenuto illegalmente. Democrazia! Dev’essere divertente assistere ai discorsi interiori nella testa di chi ancora non vede per tentare di giustificare tutto questo e considerarlo giusto. Si scaldano, odiano, accusano i dissidenti di essere dei parassiti: poi il governo aumenta il numero di dosi richieste, il loro lasciapassare scade, e sono obbligati a vivere come i subumani che tanto criticavano. Che umiliazione, che tristezza.

Ma non è finita qua, perché per quanto io non sia nessuno per poter giudicare gli aspetti sanitari di tutto questo teatrino politico, la struttura che è stata creata per il controllo sociale era assolutamente premeditata e posso affermare con certezza che non andrà via a breve, anzi. Non esiste un governo solo nella storia che si sia preso delle libertà dai cittadini, per poi consegnarle indietro non appena non servissero più. Sorrido a chi ancora pensa che tutto questo sia temporaneo, ma al contempo provo pena nei suoi confronti: avrà un’amara sorpresa, anche se non so se gli arriverà quando non potrà più accedere al suo conto corrente perché non in regola con i requisiti governativi, o quando sarà diventato vecchio e si guarderà indietro. Ma d’altronde, siamo alla novantaseiesima settimana delle “due settimane per appiattire la curva”, quindi sperare in una presa di consapevolezza non ha neanche più molto senso.

Quali sono le mosse successive? In Australia hanno costruito il primo “campo di quarantena”, niente meno che un classico campo di concentramento alla tedesca con una denominazione più adatta all’accettazione pubblica, in cui vengono messi a forza tutti i non vaccinati positivi, impedendo loro di avere contatti con amici, parenti e cari di ogni genere, e obbligandoli alla permanenza tramite minaccia armata. Non mi stupirebbe se questa innovazione arrivasse anche in Europa, come sorta di memoria muscolare. La cosa divertente è che nonostante i non vaccinati siano reclusi in questo campo, si dà comunque loro la colpa dei contagi nelle grandi città. Similarmente, nonostante in Italia ai non vaccinati sia impedito completamente l’accesso a quasi qualunque forma di aggregazione sociale, si dà comunque loro la colpa dei contagi. Attraverso un bipensiero perfetto, nessuno sembra vederci niente di strano, evidentemente la logica appartiene solo ai dissidenti. Sinceramente, non credo che sia questa la società verso cui vogliamo indirizzarci. Non credo che vogliamo vivere con la costante speranza che il governo di turno ci permetta di vivere, pena l’esclusione dalla società. Non credo che insistere con l’odio verso chi, nel beneficio delle proprie facoltà mentali, abbia avuto una posizione differente dalla nostra sia salutare: non dobbiamo cadere nell’Odio su Goldstein. Non credo neanche che sia una gran vita meritevole di essere vissuta una dove sia impossibile effettuare piani per il futuro: tra restrizioni assurde, nuove terrificanti varianti, leggi che cambiano, requisiti vaccinali che cambiano, come ci si può organizzare la vita? E, soprattutto, non credo che sia la strada maestra quella di dover avere un documento firmato dal gerarca di turno per poter vivere. Tutto tace. I giganti della tecnologia, in primis Alphabet e Facebook (che adesso si chiama Meta, ma mantiene le stesse identiche orribili caratteristiche di prima), godono al pensiero di una società dettata da controllo sociale per mezzo di certificati digitali. Non mi stupirebbe se un giorno il lasciapassare servisse anche per poter accedere a internet e venisse revocato se l’attività online risultasse non conforme con quanto desiderato dal governo. Twitter si comporta già così.

Ma forse, quando arriverà a ottobre 2024 una nuova variante terribile che bucherà anche la settima dose e renderà necessaria un’ottava perché quegli infimi non vaccinati impediscono la fine della pandemia, ecco, forse ci si renderà conto di essere stati dalla parte sbagliata della storia. Peccato che sarà troppo tardi. Pertanto, rinnovo il mio invito ad essere umani e ricordarsi che lo sono anche gli altri: non fare al prossimo ciò che non vorresti venisse fatto a te, vivi e lascia vivere. Solo tenendoci stretta la nostra umanità, e rispondendo all’odio con indifferenza o addirittura bontà, riusciremo ad uscirne davvero.