Nell’approcciarsi alla storia, è comune concentrarsi esclusivamente sui progressi tecnologici delle civiltà, e sui grandi personaggi che avevano reso possibili tali progressi. Sebbene entro certi limiti non vi sia nulla di errato in tale approccio, ciò che ha davvero importanza è riconoscere per ogni periodo storico ciò che la gente comune sentiva e pensava. Infatti, dalla storia noi dovremmo riuscire ad apprendere la conoscenza del contesto più ampio nel quale la nostra vita si svolge: l’evoluzione del pensiero, se vogliamo. Se riusciamo a metterci nella posizione di comprendere la realtà delle persone che ci hanno preceduto, allora ci diventa possibile comprendere il perché abbiamo certe determinate visioni del mondo, e quale possa essere il nostro contributo per un ulteriore progresso. In altre parole, identificando con precisione quale sia la nostra provenienza nel più ampio sviluppo della civiltà, ci diventa possibile comprendere quale sia la direzione verso cui ci stiamo muovendo.
Pertanto, per quanto sia semplice guardarci attorno e identificare i problemi che ci circondano, l’unico modo per trovare una soluzione che sia tanto duratura quanto ragionevole, è riconoscerne le cause, e andare a lavorare su quelle direttamente. Ci sono voluti più di mille anni affinché la moderna visione del mondo si sviluppasse e, pertanto, l’unico modo per comprendere davvero la condizione attuale è tornare all’anno mille e poi percorrere il millennio in modo empirico, come se avessimo effettivamente vissuto quell’intero periodo storico nell’arco della nostra vita.
Immaginiamo dunque di vivere in quell’anno, in quello che ora abbiamo definito come Medioevo. Innanzitutto, è di fondamentale importanza riconoscere che la realtà di quest’epoca è completamente definita dai potenti ecclesiastici della Chiesa cristiana, che dall’alto della posizione avevano una fortissima influenza sulle menti del popolo. Il mondo da loro descritto come reale, è innanzitutto spirituale: in altre parole, la realtà da loro descritta mette la teoria riguardante il progetto di Dio per l’umanità al centro stesso dell’esistenza. Dio aveva messo l’uomo al centro del suo universo, circondato dal cosmo intero, per un unico scopo: ottenere o perdere la salvezza. E in questa prova solenne, ciascun individuo aveva di fronte una scelta da dover fare: seguire Dio, o lasciarsi alle tentazioni nascoste del Diavolo.
Ovviamente, gli unici ad interpretare le Sacre Scritture, e pertanto gli unici capaci di determinare in qualunque momento se un individuo si stesse comportando seguendo le regole di Dio o se invece si stesse facendo ingannare da Satana, erano gli uomini di Chiesa. Ciascun individuo poteva decidere se seguire le loro indicazioni, con la certezza di poter essere lautamente ricompensati nell’altra vita, o accettarne le conseguenze, ergo dannazione eterna e scomunica. Ogni aspetto del mondo, per quanto insignificante potesse sembrare, era interpretato in termini spirituali. Ogni evento nella vita umana, che si trattasse di un terremoto, di una tempesta, dell’abbondanza del raccolto o della perdita di una persona cara, veniva considerato una manifestazione diretta della volontà divina o dell’influenza maligna del demonio. Temi come il clima, le forze geologiche, l’agricoltura o persino le malattie non avevano ancora una spiegazione, e sarebbero state esplorate in epoche successive della storia.
Questa prospettiva del mondo, tuttavia, non perdura in eterno. Anzi, tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo, iniziò a sgretolarsi. Iniziarono infatti ad emergere evidenti compromessi da parte degli ecclesiastici, come la violazione del voto di castità o una manifesta connivenza con il potere, che diventavano chiari quando i governanti infrangevano i dettami delle Sacre Scritture. Queste improprietà misero in allarme la popolazione, in quanto gli uomini di Chiesa, interpreti esclusivi delle Scritture, soli arbitri della salvezza, si erano sempre dichiarati l’unico legame effettivo tra l’uomo e Dio. Le tensioni aumentarono finché un gruppo di persone guidato da Martin Lutero chiese il totale distacco dalla cristianità papale, dichiarando che la Chiesa si fosse corrotta e che pertanto il suo ruolo come custode della verità dovesse terminare.
Nacquero così nuove Chiese, fondate sull’idea che ciascun individuo debba essere in grado non solo di accedere personalmente e direttamente alle Scritture, ma anche di interpretarle come preferisca, senza la necessità di intermediario alcuno. Gli ecclesiastici perdono la loro credibilità davanti ai loro stessi occhi e, di conseguenza, tutto il mondo che avevano costruito viene messo in discussione. Il consenso così chiaro circa la natura dell’universo e dello scopo della nostra esistenza come genere umano, basato com’era sulla descrizione degli ecclesiastici, iniziava a crollare.
La popolazione si ritrovò così confusa, persa: fino a quel momento, c’era sempre stata un’autorità superiore a definire la realtà. Tutto lo scibile venne messo in discussione, e il mondo cambiò radicalmente. Prima della fine del 1600, era già stato dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che né il sole né le stelle ruotavano attorno alla Terra, come dichiarato dalla Chiesa: in altre parole, l’essere umano non ricopriva più quella lussuosa posizione al centro dell’universo di Dio. La terra non era niente più che uno dei tanti pianeti nell’universo, orbitante attorno a uno dei tanti soli, appartenente a una delle tante galassie. L’essere umano non era più speciale. Il rapporto tra Dio e l’uomo era cambiato, e la natura stessa di Dio veniva riconsiderata.
Ed è sulla base di queste premesse, e questa confusione, che inizia l’Era Moderna. Una crescente voglia di democrazia e una diffusa sfiducia verso qualsiasi forma di autorità, sia essa di natura papale o laica, impregnava la società. Le definizioni basate su fede e speculazione non venivano più accettate in automatico, e al fine di evitare la ripetizione degli errori del passato, le persone non erano più disposte a correre il rischio che un nuovo gruppo prendesse il controllo della realtà, come aveva fatto la Chiesa in precedenza.
Se quanto detto dalla Chiesa era sbagliato, era dunque necessario trovare la verità o, meglio, un mezzo attraverso cui poterla definire. Un mezzo che fosse oggettivo, sistematico: nacque così il metodo scientifico. Guidati da questo nuovo metodo, ci si era convinti di aver trovato una via per definire nuovamente la realtà e influenzare l’opinione pubblica, con cui avremmo potuto scoprire la natura di tutto ciò che ci circondava, comprese la natura di Dio e il vero scopo dell’esistenza umana sul pianeta. Tuttavia, il metodo scientifico fallì nel tentativo di trovare una nuova immagine di Dio, e non riuscì nemmeno a risolvere il dilemma del significato della nostra esistenza.
Questa mancanza di certezza e significato ebbe un’influenza molto significativa sulla cultura occidentale, e ci si distrasse. Si decise fosse meglio occupare le proprie menti con altre attività e quesiti fintanto che non si fosse trovata una soluzione alla domanda originale. In altre parole, quattro secoli fa i nostri antenati risposero a quella sensazione di smarrimento così profonda dedicandosi alla conquista del pianeta, e allo sfruttamento delle sue risorse per migliorare la qualità delle nostre vite.
Ma ignorare il problema non lo risolve, e queste distrazioni hanno nascosto una crescente preoccupazione. Certo, avevamo una sicurezza di tipo economico, ma avevamo perso quella spirituale di un tempo. Le questioni relative al perché vivessimo degli eventi spirituali venne completamente messa da parte, e poi cancellata. E infine, il lavoro per migliorare la nostra condizione di vita è diventato esso stesso la ragione della nostra esistenza: abbiamo scordato che ancora oggi non sappiamo perché esistiamo.
Ma senza uno scopo d’esistenza, è impossibile muoversi nella giusta direzione, perché manca una destinazione da raggiungere. Le nostre vite diventano pertanto un fluido e banale susseguirsi di quotidianità, in cui nessun giorno è realmente diverso dagli altri, e la monotona routine prende il sopravvento. In mancanza di un significato, siamo morti ancor prima di morire, siamo delle foglie casualmente spostate dal vento. A livello di società, la mancanza di scopo o direzione comporta tutta una serie di conseguenze più o meno gravi. Conseguenze, tra l’altro, che l’Occidente sta già vivendo.
Innanzitutto, laddove gli individui mancano di scopo, questi rischiano di alienarsi dal lavoro, dalla comunità, e dalle responsabilità sociali. Anche ignorando momentaneamente le conseguenze economiche che questa minore produttività può avere nel complesso, questa alienazione porta ad una diminuzione della motivazione e ad una mancanza di interesse nel contribuire alla società. Nell’assenza di questo interesse, gli individui smettono di unire le forze verso obiettivi comuni, aumentando la frammentazione sociale e la polarizzazione, e contribuendo ad una generale rottura della coesione sociale.
Ci sono, ovviamente, anche delle conseguenze economiche: in mancanza di ambizione, motivazione, e determinazione a raggiungere il proprio potenziale, la produttività generale diminuisce, e di conseguenza anche la crescita economica e la prosperità. I problemi economici non fanno altro che accentuare le dinamiche sociali già in atto.
La mancanza di scopo può anche contribuire a sentimenti quali vuoto, depressione e ansia: non riuscendo a dare un significato alla propria vita, è impossibile portare a realizzazione i propri sogni o raggiungere gli obiettivi che abbiamo deciso di porci, il che non può che riempirci di disperazione e sconforto. Lo scopo dà soddisfazione e significato alle nostre vite, è il nostro carburante. In assenza di scopo, l’individuo cerca di colmare quel vuoto, quell’insoddisfazione generale, con piaceri che lo distraggano dalla propria deprimente esistenza. Pertanto, anche la salute, mentale quanto fisica, è affetta: una società priva di scopo presenta tassi maggiori di problemi quali obesità, abuso di sostanze, e depressione.
Se già non fosse evidente come l’Occidente sia la chiara esemplificazione di quanto appena scritto, considerate ciò che segue. Una società priva di direzione, per sua natura, tende a preferire i piaceri e la gratificazione istantanea, piuttosto che ragionare a lungo termine e costruirsi piaceri ancora maggiori. Le conseguenze immediate di questa mentalità sono stili di vita edonistici, con tutte le degenerazioni che la liberalizzazione sessuale comporta, e dipendenze da qualunque cosa possa farci sentire momentaneamente meglio, siano esse calorie o intrattenimento di varia natura. Tuttavia, tutto ciò ci rende anche terribilmente più soli, e vuoti.
Se proprio vogliamo dirla tutta, la mancanza di direzione certamente ci impedisce di scegliere la via giusta, ma al contempo questo significa che non ci troviamo davanti alcun reale ostacolo da sorpassare: ciò infatti richiederebbe impegno e determinazione nel raggiungere qualche meta. E siccome noi come animali siamo energizzati dalla necessità di superare le sfide che la vita ci pone davanti, in mancanza di ostacoli abbiamo bisogno di crearci i nostri problemi, le nostre battaglie, le nostre particolari caratteristiche. Abbiamo bisogno di crearci una nostra identità, in quanto non più definita dalla strada che stiamo percorrendo. Non dovrebbe dunque stupire il proliferare di malattie mentali a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, in cui molte povere anime perse hanno sentito la necessità di identificarsi come questo o quest’altro, sfogando la propria incapacità a costruirsi un’esistenza piacevole con pronomi, proteste, e un inutile senso di superiorità. E sia chiaro, non mi sto riferendo solo ai fedeli alla religione alfabeto, ma anche a tutti gli attivisti che si indignano per moda piuttosto che per ideali. Possano trovare il perdono quelle anime, che non sono riuscite a trovare la pace nella pace, e hanno infiammato la guerra nelle guerre.
Ora, dato che le cause ci sono chiare, e tristemente le conseguenze lo sono altrettanto, dobbiamo affrontare la ricerca di una soluzione. Ovviamente, la risoluzione non può che emergere da uno sforzo cosciente e pianificato, poiché nulla di straordinario si materializza mai per puro caso, e il nostro argomento non fa eccezione a questa regola implacabile.
Innanzitutto, è imperativo riconsiderare il nostro arcaico sistema educativo. Un sistema plasmato in un’era in cui l’umanità aveva bisogno di manovalanza, un sistema che, sebbene possa forgiare individui abili nell’arte dell’obbedienza e della disciplina, tralascia il nobile cammino dell’autorealizzazione. Noi, ma soprattutto le generazioni future, siamo prigionieri di un curriculum appositamente obsoleto, un rigido catenaccio che soffoca il pensiero critico, ostacola la creatività, e imprigiona il potenziale dell’individuo. Ebbene, dobbiamo gettare via queste catene, e abbracciare un rinnovamento.
Il curriculum deve essere forgiato nelle fiamme della ribellione intellettuale, dove le menti giovani possano fiorire come rose rosse in un giardino sacro. E’ necessario introdurre dei programmi educativi che consentano agli studenti di esplorare le loro passioni più varie, di plasmare le loro competenze attraverso un lavoro che va oltre la mera sopravvivenza, ma che abbraccia piuttosto la vera essenza dell’esistenza. Questo, tra i vari, è il percorso più rapido affinché gli individui possano intravedere il riflesso della propria anima e scorgere il significato velato della loro esistenza.
Nella costruzione di un Nuovo Inizio, il secondo passo imprescindibile è la tessitura di comunità, quegli elementi fondamentali capaci di intrecciare legami sociali e instillare un senso di appartenenza all’interno della società. Come accennato precedentemente, durante il periodo medioevale l’individuo operava al servizio di un progetto di dimensioni ben più vaste della sua esistenza, ossia il divino disegno di Dio: appartenere e contribuire ad una comunità si rivela, pertanto, un metodo tanto semplice quanto straordinariamente efficace per replicare gli impatti di tale connessione su scala più ampia. E’ un richiamo alla responsabilità collettiva, un invito a lavorare insieme per un fine comune che superi le anguste limitazioni dell’esistenza individuale. Attraverso la partecipazione attiva e l’interconnessione, gli individui possono toccare le vette di realizzazione, contribuendo così alla creazione di un tessuto sociale vibrante e ispirato, un autentico Rinascimento per i tempi moderni.
In questo contesto, è cruciale che le comunità siano formate da individui uniti da valori e principi, anziché da interessi mondani quali denaro e potere. L’essenza della comunità autentica risiede nella volontà spontanea dei suoi membri di contribuire alla sua costruzione e miglioramento, consapevoli che la loro dedizione non sarà premiata con altro che la gratitudine di coloro che ne trarranno beneficio. Le associazioni no-profit emergono, dunque, come veicolo privilegiato per la creazione di tali comunità, superando le dinamiche di aziende e club elitisti.
L’istituzione ecclesiastica, e in particolare il concetto di servizio all’interno della Chiesa, può certamente essere considerato un esempio rilevante di come la dedizione disinteressata possa prosperare. I chierichetti, ad esempio, sono spesso giovani volontari che dedicano il loro tempo e le loro energie alle attività della Chiesa, senza aspettarsi ricompense finanziarie tangibili: loro non sono impegnati per ottenere un guadagno personale, ma piuttosto per contribuire alla vita spirituale della comunità, e per svolgere un ruolo significativo nelle celebrazioni liturgiche.
A coloro che accetteranno l’onere di costruire e guidare tali comunità, spetterà un compito arduo: non solo dovranno delineare un calendario di eventi e progetti per stimolare la partecipazione, ma dovranno anche cercare di espandere costantemente la propria base di utenti. Gli individui che guidano le comunità devono essere disposti ad ascoltare, ad accettare consigli e a favorire un ambiente in cui l’innovazione e la creatività possano fiorire. Troppo spesso, infatti, le comunità languono nell’inattività a causa di una gestione carente o di una pianificazione insufficiente: è il tracollo evidente causato dall’ego smisurato, dall’incapacità di chiedere aiuto e, soprattutto, di accettarlo quando viene offerto.
Questa non è la strada da seguire. Le comunità devono edificare gruppi sociali i cui membri si considerano alla pari e, soprattutto, si rispettano reciprocamente come fossero fratelli: è pertanto imperativo permettere a coloro con maggiore esperienza di agire da mentori per i membri più giovani, rafforzando un sentimento di sostegno e connessione. Questa dinamica si rivela particolarmente benefica per coloro che potrebbero sentirsi smarriti, o isolati.
Questo approccio solidale è la chiave per costruire comunità vivaci, in cui le relazioni sono fondate su un reciproco rispetto e l’idea condivisa che tutti, in quanto membri di una stessa famiglia, sono coinvolti nella costruzione di qualcosa di più grande di sé stessi.
Il terzo passo per la realizzazione di questo Nuovo Inizio consiste nel far sì che sia la creatività che l’espressione artistica in tutte le sue forme non solo siano rispettate, ma anche attivamente incentivate: esse sono fondamentali per la costruzione di una società ricca di significato. Ciò comporta sostenere l’istituzione artistica nelle scuole, promuovere programmi culturali, sostenere gli artisti emergenti, e creare spazi dove l’espressione creativa possa fiorire senza restrizioni e giudizi.
Una società capace di abbracciare e promuovere arte e creatività, è una società in grado di coltivare l’innovazione, la diversità di pensiero, e un senso di appartenenza condivisa. In tal modo, si costruisce un terreno fertile per la crescita individuale e collettiva, alimentando la vitalità di una comunità che abbraccia la ricchezza della sua espressione creativa. Infatti l’arte, sia essa visiva, musicale, letteraria, o performativa, funge da specchio della nostra umanità: è tramite la creazione artistica che esploriamo emozioni profonde, riflettiamo sulle complessità della vita, e comunichiamo con gli altri in modi che vanno al di là delle parole. Questo processo non solo arricchisce la nostra comprensione individuale, ma crea anche un tessuto condiviso che lega le persone in una comune esperienza umana.
Promuovere l’arte significa anche immergersi in un rinnovato abbraccio della bellezza, un’attività che solleva l’animo umano, nutre l’essenza e conferisce profondità alla nostra esistenza. Vi sono svariati modi di contemplare la bellezza. La veduta di panorami mozzafiato, tramonti carichi di colore e dettagli naturali intricati può evocare un senso di gratitudine, ispirando un ardente desiderio di salvaguardare la sublime bellezza del nostro pianeta. Parallelamente, la creazione di spazi urbani e architetture che incarnano un’estetica raffinata può esercitare un’influenza benefica sul benessere individuale, incanalando un senso di appartenenza, e contribuendo alla forgiatura di luoghi che non solo affascinano, ma soprattutto risultano accoglienti.
Vi è un motivo, dopotutto, se in passato così abbondanti risorse venivano dedicate alla costruzione di architetture che deliziavano gli occhi: l’architettura non era semplicemente una costruzione di pietra e legno, bensì una storia, un viaggio attraverso intricati dettagli che sussurravano storie di epoche passate, in cui ogni colonna e ogni arco lasciavano dietro di sé un’impronta indelebile sull’anima umana. La cura posta nella creazione di tali opere era un tributo al desiderio innato dell’uomo di connettersi con la bellezza oltre i confini del tempo.
Infine, l’ultima tessera mancante per la riedificazione della nostra società è la fede in un ordine superiore, un grande architetto se vogliamo, che ci scruti e giudichi. In altre parole, la società necessita di riavvicinarsi al divino. La fede e la religione, oltre a conferire speranza e significato, svolgono un ulteriore cruciale compito: custodiscono i valori. La consapevolezza che qualcuno o qualcosa, in ogni istante, non solo ci osservi, ma ci giudichi con poteri e conoscenze illimitati, rende impossibile agire nel male senza temere le inevitabili conseguenze.
In questa prospettiva, la connessione col divino offre una guida morale, uno scrupoloso rigore che plasma il comportamento umano. La fede in un ordine superiore introduce una coscienza morale intrinseca, contribuendo così a costruire una società in cui la virtù e l’integrità non solo sono apprezzate, ma sono incise nell’essenza stessa della comunità. Nella ricerca di un significato più vasto, la fede divina diventa un faro, una luce guida che orienta le azioni e le scelte degli individui. La fede non solo offre un rifugio spirituale, ma si erge anche come il fondamento su cui poggia l’intera struttura morale della società, un richiamo chiaro ai valori fondamentali che vanno oltre l’effimero e riflettono la saggezza di un ordine superiore. Per queste ragioni, non esito a dichiarare: non v’è uomo senza Dio.
Quando la società avrà riscoperto la fede, allora e solo allora sarà lecito avviare discussioni su quale religione sia “migliore” o “più giusta”. Fino a quel momento, un dibattito di tale natura è assolutamente futile.
Il lettore potrebbe ora chiedersi come sia possibile riportare la società vicina al divino, ma la risposta già è già presente in questo medesimo articolo: nella realizzazione dei primi tre passi, il quarto emerge spontaneo. È impensabile per una società che promuove il pensiero critico e la creatività fin dai primi giorni, che coltiva un profondo senso civico e di fratellanza, e che apprezza la bellezza, non acquisire consapevolezza di una mano invisibile, un ordine superiore alle nostre piccole esistenze.
Quando le menti sono libere di esplorare i recessi del pensiero e i cuori battono all’unisono nella condivisione di un destino collettivo, la fede si materializza come l’ombra lunga di un antico campanile, avvolgendo la società in una sinfonia di misteri. In un mondo in cui la luce del pensiero critico si fonde con le sfumature dell’arte e la fraternità si intreccia con l’estetica, la presenza dell’invisibile diventa un’ossessione naturale, una rivelazione che non può essere ignorata.
In conclusione, benché la risoluzione di tutti i dilemmi occidentali odierni possa essere ricondotta a questi quattro semplici passaggi, tale procedimento non può essere attuato da un singolo individuo. Si richiede piuttosto un risveglio collettivo, un interesse condiviso per intraprendere insieme questa via. Alcuni, godendo dei frutti di questo lento degrado, potrebbero opporsi, definendo megalomane, pazzo o radicalizzato chi tenta di mettere in pratica quanto enunciato in questo articolo. Tuttavia, non posso far altro che replicare con la seguente citazione tratta dal testo intitolato “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”: “Fratello mio, se giungesse ora qualcuno a tentare di ricondurre questi impenitenti sulla retta via, credi tu che ascolterebbero? È così, e il mondo desidera inevitabilmente essere ingannato, voltando le spalle a coloro che perseguono il suo bene. Osserva dunque quel sedicente ascoltatore, contempla con quale eloquenza insensata e quali scherzi osceni si sforzi di attirare l’attenzione, e guarda quell’altro che emula qualcuno con discorsi incomprensibili. Ma devi credere a me, verrà il tempo in cui le loro maschere saranno strappate, e il mondo potrà finalmente scorgere gli ingannatori che si celavano dietro di esse. Allora, forse, coloro che prima furono ignorati acquisiranno valore.”